Colomba!!! Mmmmmhhh…
Per realizzare questo grandioso prodotto che richiede grandi capacità di alta pasticceria e panetteria bisogna avere un lievito madre molto forte e profumato, due giorni interi di tempo libero, tanta, ma tanta pazienza, tanta esperienza delle farine e della loro forza; è necessario conoscere perfettamente le temperature dei prodotti e dell’ambiente di lavoro e di lievitazione, avere un posto in cui ci sia almeno il 65% di umidità per la lievitazione finale, avere una planetaria, perché a mano non si può lavorare vigorosamente così a lungo un impasto di 2 kg (fare pezzature più piccole non conviene, il tempo di lavoro e di lievitazione sono pressoché uguali).
Nella pagina in cui parlo del lievito madre mi soffermo su un punto fondamentale: questo prodigio della natura deve essere “coltivato” in casa vostra per almeno due mesi per poter fare il pane, ma almeno sei mesi per poterlo impiegare per lieviti complessi. Se comprate la pasta di pane dal panettiere, potrete fare tutt’al più le pizze sul momento, ma colombe, panettoni e pandori non vi riusciranno mai. I batteri che abitano nell’impasto si nutrono degli zuccheri e delle proteine della farina e che sviluppandosi rilasciano anidride carbonica devono essere quelli che si trovano in casa vostra, sono quelli che avete addosso, quelli del vostro respiro, delle vostre mani, del vostro banco di lavoro. È una condizione indispensabile per far crescere e maturare queste creature straordinarie.
Ecco perché si dice che a casa è difficile far bene questi lieviti, non ci sono le condizioni basilari adatte: temperature, umidità, batteri… ma con anni di pratica e pazienza ci si può riuscire.
Infine vi invito a non fare i furbetti usando la facile scorciatoia del lievito compresso (una volta si chiamava “lievito di birra”), scordatevi di poter realizzare un prodotto di pasticceria; sarà pure più facile, veloce e con lievitazione garantita, ma il gusto non ha niente a che fare con quello originale, saprà più di brioche da bar che altro.
I impasto:
- 500 g di farina Panettone del Molino Quaglia
- 180 g di zucchero
- 160 g di lievito madre
- 190 g di acqua fredda
- 125 g di tuorli
- 160 g di burro
II impasto:
- 150 g di farina Panettone del Molino Quaglia
- 125 g di tuorli
- 120 g di zucchero
- 30 g di miele
- 10 g di sale
- una bacca di vaniglia del Madagascar
- 220 g di burro
- 350 g di arancia candita Crispo
Per la glassa:
- 50 g di mandorle
- 50 g di nocciole
- 100 g di armelline
- 300 g di zucchero
- 10 g di cacao amaro
- 40 g di amido di mais
- 100 g di albume
Per decorare:
- q.b. di mandorle spellate ma non tostate
- q.b. di granella di zucchero e zucchero a velo
1) Prima di procedere bisogna rinfrescare per almeno tre volte il lievito a una temperatura di 26 °C, in modo che acquisti forza e sprigioni un profumo fresco e morbido di pane; l’alveolatura dovrà essere omogenea e soffice, tanto da farlo sembrare una nuvoletta. Non si dovrà sentire alcun odore di acido o aceto e non dovrà essere troppo appiccicoso.
2) Per ogni rinfresco ci vorranno almeno 3-4 ore, l’importante è che ogni volta sia completamente lievitato, ossia che abbia più che raddoppiato di volume.
3) Ci sono 3 metodi per incominciare a lavorare il I impasto: a) Inserite nella ciotola della planetaria il lievito e scioglietelo nell’acqua con una mano, aggiungete lo zucchero, ⅔ dei tuorli ed azionate il gancio impastatore ad alta velocità, in modo da amalgamare il tutto e si inizi ad incorporare aria. Si formerà una schiumetta. Aggiungete la farina tutta insieme. Lavorate al minimo della velocità e per poco tempo, in modo da non far sviluppare completamente il glutine e ottenere così una massa opaca e appiccicosa. Incorporate i restanti tuorli in 2 volte, e lavorate poco.
b) Un altro metodo: mettete la farina, il lievito e lo zucchero nella planetaria, azionate al minimo e aggiungete l’acqua poco alla volta. Unite i tuorli in 3-4 volte.
c) Un terzo metodo, molto meno accademico e che potrebbe suscitare tante perplessità ma anche irritazione presso i “maestri” panificatori, è il procedimento contrario rispetto ai precedenti: si dice sempre di mettere i grassi alla fine perché non permettono la formazione della maglia glutinica… ebbene, iniziando con ¾ della dose di burro morbido, una parte di farina e aggiungendo poi i liquidi, alternati al restante burro e farina, l’impasto sarà esattamente elastico come quello ottenuto con il metodo “classico”.
Prima di gridare allo scandalo ed accusarmi di blasfemia, provateci.
Se adottate uno dei primi due metodi, mentre impastate rendete morbido il burro, eventualmente mettetelo per pochi secondi nel microonde, badando che non superi la temperatura di 18-19 °C.
4) Durante la lavorazione state molto attenti che le pareti della planetaria non si scaldino, compromettendo la “vita” del lievito e la distruzione della maglia glutinica. Se non siete sicuri della temperatura dell’impasto, fermate la macchina e controllate con un termometro a sonda l’interno della pasta, che non dovrà mai superare i 26 °C.
5) Aggiungete dunque il burro, all’inizio un pezzetto, poi pezzi sempre più grossi, e fate il tutto velocemente, in modo da lavorare la massa il meno possibile. Controllate sempre scrupolosamente la temperatura interna dell’impasto.
Il tempo di lavorazione di questo primo impasto sarà di circa 20-25 minuti.
6) Toglietelo dalla planetaria, lavoratelo sul piano di lavoro o fra le mani in modo da dargli un aspetto omogeneo, morbidissimo e appiccicoso. Mettetelo in una grossa ciotola, con un tarocco dategli una forma a sfera, copritelo con un canovaccio e ponetelo al tiepido per tutta la notte, ovvero indicativamente per 8-10 ore. La temperatura dovrà essere compresa tra 26 e 28 °C.
7) Io adotto un metodo molto “casalingo” ma efficace, per garantire il giusto tepore e la sua costanza nel tempo: metto la ciotola in una termocoperta ripiegata a mo’ di panino, regolo la temperatura come voglio e anche per 12 ore posso permettermi di stare tranquillo.
8) Il mattino successivo la pasta dovrà aver riempito la ciotola e aver formato una cupola ben elastica e profumata, triplicando il volume iniziale:
mettetela nella planetaria, aggiungete la farina tutta insieme e lavorate a bassissima velocità, fino a che la farina sia assorbita.
9) Aggiungete dunque poco tuorlo alla volta alternando con lo zucchero e il miele.
10) Controllate ancor più attentamente la temperatura in questa fase: non dovrà mai superare i 26 °C. Questa è una fase delicata, forse la più pericolosa per la riuscita del dolce, e determinerà il buon esito del vostro lavoro. Se dovesse scaldarsi anche di poco, fermatevi subito ed allargate la pasta per farla raffreddare, potete piazzare tutta la ciotola persino in frigorifero; attendete qualche minuto e riprendete lentamente il lavoro finché l’impasto non inizierà a staccarsi dalle pareti.
11) Aggiungete il sale poco alla volta e i semini della vaniglia.
12) Infine aggiungete il burro come avete fatto con il primo impasto: solo un pezzetto poi sempre maggiori quantità. È fondamentale lavorare poco la pasta in questi ultimi passaggi.
13) Facendo girare la planetaria sempre al minimo della velocità, aggiungete gradatamente i canditi, lavorate il minimo indispensabile e finite il lavoro a mano e velocemente per distribuire il tutto in modo omogeneo. Il tempo di lavorazione impiegato per questo secondo impasto sarà di circa 25-30 minuti. Ponete l’impasto in una ciotola, coprite con un canovaccio e lasciate riposare a temperatura ambiente per un’oretta: questa fase si chiama “puntatura”. Sarebbe meglio, a questo punto, sigillare la ciotola con della pellicola e porla in frigorifero per almeno 5 ore, anche tutta la notte, in questo modo l’impasto “matura”, i microbi lavorano ugualmente ma la lievitazione si blocca. Questo metodo darà maggiore morbidezza una volta cotte e i lieviti svilupperanno ancora più fasce aromatiche.
14) Se avete optato per il riposo in frigorifero, sarebbe meglio lasciare la ciotola un paio di orette a temperatura ambiente, in modo che il burro si ammorbidisca. Dividete l’impasto in due parti uguali, e da ciascuna parte prelevatene 1/3 (questa si chiama “pezzatura”), per tutti e 4 pezzi fate la “pirlatura”, ossia arrotolateli con i palmi delle mani sul piano di lavoro facendoli scivolare da una mano all’altra e rendendoli lisci e tirati in superficie.
15) Preparate due pirotti dalla capienza di un chilo ciascuno.
16) Passato qualche minuto rivoltate gli impasti su sé stessi per renderli omogenei e fate un’altra “pirlatura”. Allungateli come cilindri.
17) Adagiate le porzioni più grosse nei pirotti e ponete a croce le porzioni più piccole. Piazzate il tutto sotto la termocoperta a una temperatura di 28-30 °C.
Ulteriore “dritta” sarebbe quella di procurarsi un foglio di rete metallica rivestita, di quelli che si usano in giardino per far arrampicare le piante: la potete modellare secondo la forma dei pirotti e sistemarla sopra di essi, in modo da sollevare la termocoperta ed evitare che tocchi l’impasto.
18) Dopo almeno sei ore le masse dovrebbero aver raggiunto lateralmente un centimetro dal bordo dello stampo e il centro dovrebbe aver fatto una cupoletta. Nel frattempo preparate la glassa mescolando tutti gli ingredienti; conservate in frigorifero fino al momento dell’utilizzo.
19) Accendete il forno a 175 °C.
20) Mettete la glassa in un sac à poche munita di bocchetta con la punta piatta. Distribuitela sulla superficie delle colombe in uno strato sottile e omogeneo; mettete abbondanti mandorle e granella, spolverizzate di zucchero a velo.
21) Infornate subito nel piano più basso del forno e cuocete per 50-55 minuti, dipende dal vostro forno. Fate attenzione al colore della superficie durante i primi 5-10 minuti, coprendo con un foglio di alluminio per evitare che si bruci.
22) Appena tirate fuori dal forno, infilzate lateralmente la base delle colombe con gli appositi spiedi oppure con due ferri da maglia 3.5 e capovolgetele, appoggiandole su sponde di due sedie oppure appese con delle corde. Lasciatele per 12 ore a raffreddare e ad assestarsi capovolte, “a testa in giù”.
23) Spruzzate dell’alcol puro a 95° per alimenti l’interno di buste di polipropilene prima di infilarci le colombe e gustatele dopo almeno una settimana. Resistono anche due mesi, ma non sono mai riuscito a conservarle tanto a lungo…
l’ho fatta! L’impasto mi viene troppo morbido per essere maneggiato a mano, lo faccio con una spatola, ma il risultato è eccezionale! La glassa poi è super!
Ciao Angela, grazie, sei proprio gentile!
Sull’impasto molto, molto morbido è normale che lo sia, ma se scrivi “troppo” allora mi sorge una domanda: che farina usi? Ogni tipo ha una diversa assorbenza dei liquidi; io indico almeno 360w, quindi molto forte che resiste anche a un pari peso di liquidi, se non di più. Prova a usarne un altro tipo… ma se il risultato ti soddisfa così, evviva! Buona Pasqua.