Lievito madre

Condizioni indispensabili per avere un lievito madre sono: la pazienza, la costanza, il tempo, la passione, la manualità, il desiderio di prepararsi cose buone in casa. Poi, per fare un … “0ttimo” lievito madre occorre: la pazienza, la costanza, il tempo, ecc., ecc., oltre a una buona farina “di forza”, ossia con grande quantità di proteine insolubili che a contatto con acqua o altri liquidi producono glutine che a sua volta forma una “maglia” elastica che trattiene i gas prodotti dai batteri durante la maturazione. In questo modo si avrà un impasto molto alveolato, morbido, digeribile e conservabile a lungo.

Io uso una farina canadese di grano tenero di tipo 0, forse la più forte sul mercato, adatta a tutti i tipi di impasti, dal pane al panettone, passando per colombe e brioches.

È vero che tra i miei sponsor compare il Molino Quaglia che mi fornisce di un’ampia varietà di farine, ognuna con destinazione specifica, tra cui la “panettone”, una farina particolarmente forte che adopero per i grandi lievitati, e che la potrei usare per “rinfrescare” il lievito madre, ma è anche vero che rinfrescando così spesso (nei periodi di produzione di panettoni o colombe anche 3 volte al giorno) uso talmente tanta farina forte che mi pare dover sprecare un prodotto di pregio come quello del Molino solo per rinfrescare un pezzetto di lievito: uso dunque una farina commerciale a poco prezzo riservando quella buona per i prodotti finali.

Altro elemento importante è lo “starter”, ossia quella materia che serve per partire proprio il primo giorno, per far sviluppare i saccaromiceti e inacidire la farina; questo può essere il miele, della crusca, dello yogurt, oppure un frutto, uno qualunque, purché zuccherino. Tutto quello che si trova in casa va bene: una mela, una albicocca, dell’uva. Io quel giorno avevo una mela renetta, ed è andata bene.

Si può utilizzare anche solo la farina con acqua, anche se è un metodo più lungo; in ogni caso ci penseranno i batteri contenuti nell’aria, nell’acqua, nella farina, nel vostro respiro, nelle mani a innescare la complessa trasformazione degli zuccheri in anidride carbonica e far inacidire l’impasto, poi con successivi rinfreschi, ossia aggiungendo farina e acqua in giuste dosi e con i giusti tempi d’attesa si nutrono e si sviluppano questi batteri, si distruggono quelli cattivi e così via.

Ci sarebbero anche altri metodi, non certo più facili, forse più comodi all’inizio, ma poi i rinfreschi quotidiani si dovranno fare ugualmente: si può acquistare un po’ di pasta di pane dal fornaio, se ne può chiedere in regalo un pezzetto a chi ce l’ha, oppure chiedere a qualche laboratorio dei batteri selezionati.

Regola basilare: per avere un lievito naturale forte bisogna coltivarlo in casa propria per vari mesi.

Fatevene una ragione. Ma se ci riuscite le soddisfazioni saranno immense.

Per saperne di più su cosa succede scientificamente nei lieviti cliccate qui.

All’inizio della mia avventura con il lievito naturale mi sono attenuto scrupolosamente a questa ricetta, ma in considerazione di quanto scritto sopra relativo alle temperature, batteri della propria persona, altitudine dell’abitazione, ecc., ho dovuto adattare e personalizzare alcune cose che scoprivo di giorno in giorno. Primo fra tutti è il tempo d’attesa di ogni singolo passaggio, tipo di farina, temperatura dell’acqua e umidità dell’ambiente.

Insomma, unico consiglio basilare che posso dare è: pazienza! Se non riesce la prima volta verrà la seconda, altrimenti la terza… ma prima o poi, chiunque potrà riuscirci.

Allora? Si parte? Sù, coraggio, provateci!

Ecco un esempio di “rinfresco” prima e dopo la lievitazione, pronto per ricevere un’abbondante dose di farina e acqua e conservarlo in frigo dopo averlo legato bene con telo molto spesso e 2 corde resistenti.

Mi viene in mente un episodio di qualche anno fa, quando ancora non conoscevo la forza del mio lievito: dopo averlo legato bene l’avevo deposto in una credenza aperta in cucina, e mentre un giorno ero in salotto ho sentito una esplosione tremenda. Temendo in uno scoppio di qualche tubatura sono corso in cucina e l’ho trovata tutta tappezzata da residui di lievito; proprio così, la compressione dei gas è stata talmente enorme da rompere telo e spaghi! Da una parte ho imprecato contro tutto quello che si poteva imprecare mentre pulivo dappertutto, dall’altra mi compiacevo con me stesso e ringraziavo i miei amici batteri…

One thought on “Lievito madre

  1. Pingback: Speciale Natale: Panettone di Roberto Saluzzi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *