REGOLE DI BASE  
 
La pasticceria è creatività, poi diventa un’arte, poi diventa una scienza esatta, poi ridiventa creatività. Questa è la prassi quando si inventa un dolce o si elabora o trasforma una ricetta preesistente.
E’ fondamentale essere precisi con le dosi, è meglio procurarsi una bilancia elettronica che abbia la scansione in singoli grammi; se compaiono per esempio 12 grammi di sale, sarebbe opportuno che siano tali, altrimenti si guasterebbero gli equilibri con inevitabili problemi di gusto.
E’ importante la pazienza: se ci si vuole dedicare alla preparazione di un dolce elaborato, non si deve pensare alla bolletta del gas piuttosto che al dissidio con un collega o altro che possa distrarre; non si può lasciar montare in planetaria qualcosa e rispondere al telefono.
E’ indispensabile l’igiene: tutto, anche la persona, dovrà essere a posto. Mani pulite, capelli in ordine, abbigliamento adeguato, banco di lavoro sempre lindo anche durante il lavoro, attrezzatura varia bel lavata ed asciugata… sembrano consigli stupidi che si danno ai bambini prima di andare a tavola, no, non bisogna trascurare quest’aspetto, “tutto” entra in gioco se si vuole fare qualcosa che vada un gradino al di sopra della media, aspirando alla professionalità.
Usare sempre gli strumenti adatti: adoperare un cucchiaio di legno per amalgamare per esempio la meringa o panna ad una crema richiede più sforzo, più movimenti e fatica con conseguente perdita di sofficità con risultato mediocre. In questo caso è meglio usare la spatola, si fanno meno movimenti, meno fatica e il risultato è migliore. Altro esempio: usare un tarocco (che non è una carta o una bufala e neanche un agrume, ma una spatolina molto sottile senza manico e con bordi arrotondati da una parte e dritti dall’altra) per sollevare o spostare o amalgamare sul banco o raccogliere qualunque impasto molle, è meglio del coltello o altra spatola. Ecc. potrei continuare all’infinito ad elencare gli attrezzi adatti. Allego un paio di foto di strumenti che uso io. Chi volesse fare domande o approfondire qualunque argomento può contattarmi nel forum.

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PESARE LE UOVA – nelle ricette più importanti o di una certa difficoltà, metto spesso il peso delle uova (ovviamente senza guscio, solo la parte liquida) e non il numero, questo per non falsare i rapporti con gli altri ingredienti e per produrre sempre la stessa qualità dei prodotti finali; in commercio si trovano uova di tutte le misure, da 45  a 75 gr. (quelle delle galline del mio fornitore privato, il bravo e fidato Alfredo che me le procura appena… fatte, vanno da 40 a ben 125 gr.!), quindi se si vuole un prodotto finale equilibrato e di buon livello, è bene rispettare questa regola: pesare sempre e magari prendere appunti se proprio si volessero modificare le proporzioni.
Un consiglio alle tantissime persone che mi chiedono: ma se una ricetta prevede 300 gr. di uova intere e 6 uova risultano solo 270 gr., cosa aggiungo, tuorlo o albume? Ebbene, tutti e due in questo modo: sbattere in un piattino un settimo uovo intero come si farebbe per una frittatina e aggiungere ai 270 gr. solo quei 30 che servono, in questo modo si avrà un equilibrio fra i due componenti.
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PLANETARIA – è una grossa ciotola quasi sempre in alluminio ma anche in policarbonato, dotata in genere di una frusta per le montate morbide tipo meringa o panna, un gancio a foglia o a k per gli impasti medi tipo frolle o brisée e un gancio ad uncino per gli impasti duri tipo pane, panettoni e lieviti vari. E’ utilissima se non indispensabile in cucina per… tutto. In genere costicchia, ma i vantaggi sono immensi (credetemi, da quando ho fatto questa spesa, la mia vita è cambiata!). Certo, per le montate di uova o burro si può usare il frullino o altro robot da cucina, per gli impasti duri come il pane o panettoni si può fare a mano, come un tempo, ma la comodità e la… qualità non sono paragonabili.
Attenzione! Prestare molta attenzione alla temperatura degli impasti duri durante la lavorazione che deve essere  costante e fredda, d’ambiente, perché col movimento rotatorio dei ganci e lo sfregamento della massa contro le pareti della ciotola si potrebbe scaldare troppo con danni inevitabili ed irreversibili come la distruzione della maglia glutinica e conseguente perdita di elasticità, “irrancidimento” del burro che si scompone in parte grassa e parte liquida e non si incorpora più alla massa. La velocità del movimento dovrà dunque essere sempre controllata, tendente al lento, negli impasti complessi; tastare continuamente le pareti esterne della planetaria e se dovesse scaldarsi fermare subito la macchina e porre la ciotola in frigo da 30 a 60 mn., i lieviti non subiranno danni, anzi, riposandosi acquistano “maturità” e lieviteranno meglio, anche se l’alveolatura sarà più piccola.
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BURRO – ci sono tantissimi tipi di burro in commercio, ma è meglio procurarsi quelli che contengono meno acqua e sono più saporiti, tipo i danesi. Non usare MAI margarina, per nessun motivo, a quel punto è meglio un ottimo olio extra-vergine, ma non per fare crostate… quante ne sento ogni giorno da persone che mi chiedono perché le loro frolle non sono venute bene: bisogna usare prima di tutto le materie prime buone e giuste!
Per chiarificare il burro si procede così: mettere un panetto in un pentolino e questo a bagno-maria a fuoco bassissimo. Quando è completamente fuso farlo riposare fuori dal fuoco finché la materia grassa pura al 100% risulta nella parte superiore e sul fondo si deposita l’acqua e le proteine. A quel punto togliere l’eventuale schiuma superficiale ed ingegnarsi per raccogliere solo la parte trasparente, con un cucchiaio o una siringa, e buttare il resto. Si conserva in un barattolo in frigo e si preleva quello che serve come un normale burro, per fare i “ravioli al burro e salvia”, i nordici lo usano per friggere tutto, si usa per mille preparazioni orientali, ecc.
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CONGELAZIONE – tanti ancora credono che congelare un prodotto significa perdere in qualità; per carità, ciò può essere vero se non viene fatto con le giuste regole e le giuste “catene”. Non è facile avere in casa un abbattitore di temperatura, sono ingombranti e costano molto, ma possedere un congelatore che raggiunga i 18-20° sotto zero è già sufficiente per preservare gli aromi e proprietà, per non parlare dei vantaggi igienici. Verdure ed ortaggi è bene bollirli prima, per gli sformati come lasagne, parmigiane, ecc., è meglio congelare prima della cottura. Ma per i dolci è paradossalmente più facile. Quelli che contengono molto zucchero hanno la caratteristica di essere “ingelivi” di natura, proprio perché lo zucchero ha un punto di congelamento molto basso; è un conservante per eccellenza e mantiene i preparati mangiabili anche a     -18°. Questo permette di decorare, trasportare, porzionare e quant’altro senza problemi anzi, è spesso una condizione indispensabile servirsi del congelamento. Bisogna adoperarlo come una tecnica utile e non solo per conservare avanzi.
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VANIGLIA – in stecche, ovvio!! Non esiste altro. “Non possiamo, non vogliamo, non dobbiamo”, citando una famosa frase di un Papa, nominare quella roba chimica bianca in bustine come aromatizzante delle ricette. Ci sono tantissime varietà di vaniglia nel mondo, ma in Italia se ne trovano diffusamente solo tre: quella del Madagascar, con profumo dolcissimo ed aroma fantasticamente speziato (è la mia preferita!), la Tahiti, una varietà particolarmente grande e carnosa e la Bourbon che si trova ormai in tutti i supermercati, riconoscibile dalla punta incurvata. Non sono altro che i frutti (o baccelli) di una varietà di orchidea e sono molto cari, perché sono rari e richiedono una trasformazione molto elaborata per non far disperdere gli oli essenziali. Generalmente si usano i semini contenuti all’interno ma, una volta svuotato per usi importanti, la stecca si può utilizzare per metterla in infusione nel latte per preparazioni di creme, oppure seccate per aromatizzare zucchero o nell’alcol per fare il liquore. Certo costano, ma sfruttati in tutti i modi possibili crea meno complessi di colpa e la vita è più speziata.
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MIELE – che buono! Esiste in natura qualcosa di più sano, saporito e con enormi proprietà nutrizionali di questo? Direi di no. E’ uno dei pochi alimenti che non possono essere contraffatti o modificati o “tagliati” con sostanze improprie. Certo industrialmente sono molto ben filtrati dalle impurità come cera, deiezioni, pezzi di corpi di api, e tutto quello che può capitare, ma a livello hobbistico è tutto naturale (sic!), si può mangiare tutto; addirittura ho visto in vendita interi telaini ancora con il miele nelle cellette. Inoltre industrialmente si effettua un trattamento termico che impedisce la cristallizzazione naturale del prodotto, ma ciò comporta una perdita notevole di principi nutritivi; cosa che è scongiurata nella produzione hobbistica o casalinga: lì è tutto naturale e… completo.
Ma cos’è il miele? Allora, parto dall’ape: Nella colonia c’è la regina che vive anche 5 anni il cui compito è unicamente di deporre uova, migliaia al mese; i fuchi che sono i maschi, hanno il limitato compito di “impollinare” la regina; e poi c’è una enorme schiera di api, tutte femmine, che nel loro unico mese di vita hanno compiti diversi che cambiano ogni 2-3 o 5 giorni. Iniziano col curare l’igiene e la sopravvivenza della regina, nutrendola solo con pappa reale, la tengono a temperatura costante, agitando le ali per rinfrescare se fa caldo o facendo vibrare il corpo che scaldandosi trattengono tepore in inverno. Poi diventano “pulitrici” ossia garantiscono l’igiene della colonia e dell’arnia; quindi diventano guerriere e difendono la loro casa da attacchi di predatori o curiosi. Dopo di che prelevano, all’entrata del “nido”, il nettare e la cera dalle api “bottinatrici”, proprio quelle che vediamo nei prati e sui fiori, che sono le ultime della gerarchia e sono giunte agli ultimi giorni di vita.
Questo è ovviamente un semplice sommario della vita di questi indispensabili “pronubi”. Ma in linea di massima ci siamo.
Le api bottinatrici prelevano dai fiori gli zuccheri e durante il volo di ritorno nel nido lo trasformano in miele dentro lo stomaco, quindi lo consegnano alle operaie che lo immagazzinano nelle celle preventivamente costruite; lo lasciano decantare in modo che evapori l’acqua in eccesso e lo sigillano con altra cera (opercolatura). Questo è il miele cosiddetto maturo che noi mangiamo… ma è la loro riserva di cibo per l’inverno o per i giorni di pioggia, quando non possono uscire a “bottinare”.
Allora, ricapitolando: noi rubiamo il cibo degurgitato di insetti che lo vorrebbero conservare per la loro sussistenza… detta così è abominevole ed aberrante, ma è la triste realtà!
Esiste un tipo di miele ancora più singolare, ma anche molto più raro, pregiato e caro: il miele di melata (o mielata). E’ prodotto dalla trasformazione, dentro lo stomaco delle api, delle deiezioni particolarmente dolci di alcuni insetti, tipo la metcalfa… dunque questo miele è la… degurgitazione della… ok, andiamo avanti.
Al miele in pasticceria è riservato un posto d’onore, per l’aroma e morbidezza che conferisce alle preparazioni; è utile per mantenere umidi e fragranti gli impasti essendo igroscopico, nel latte caldo prima di andare a letto…
Per ora mi fermo qui; chiunque volesse altre notizie sul prodotto, per esempio come si preleva dai telai, come e perché si deve far decantare, quali trattamenti sono obbligatori per la salute delle colonie vista la moria degli anni passati, ecc., non deve far altro che scrivermi nel forum e/o fare una visita guidata alle mie arnie. Per ora accontentatevi di alcune foto di me con le mie api e attrezzi per prelevare il miele. Cliccateci sopra per aprirle e osservare i particolari.

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FORNO – qui c’è ben poco da scrivere: ogni forno è diverso ed ha le sue caratteristiche e difetti. Bisogna fare molti esperimenti per conoscerlo bene, alcuni scaldano di più nella parte bassa, altri nella parte alta (come quello mio), allora bisogna giocare con i ripiani o usare la carta argentata sopra o sotto i cibi per non colorarli troppo: insomma bisogna adeguarsi a lui, non si può domare.
Se non si è sicuri che le temperature interne corrispondano alla manopola esterna si può ricorrere ad un termometro apposito da piazzare all’interno in modo leggibile e sperare che funzioni.
Ventilato o statico? Ovvio, statico, sempre, se non per le meringhe che devono “asciugare” e non cuocere, quindi a bassa temperatura con sportello semiaperto e… ventilato. Mai e poi mai usare la ventilazione per lieviti o impasti montati come Pan di Spagna ecc. Quindi per non sbagliare piazzate la manopola su statico e scordatevela.
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GLUCOSIO – o “sciroppo di glucosio”, è il prodotto di una trasformazione complessa di amidi o fecole in soluzione acquosa, praticamente carboidrati. Si presenta come una sostanza vischiosa, trasparente e appena dolciastra. Si usa in numerose preparazioni dolciarie: nello zucchero caramellato serve a impedire la cristallizzazione, nel cioccolato che lo rende plastico e malleabile per decorazioni, abbassa il punto di congelamento, quindi si usa nei gelati, creme ecc.
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SBUCCIARE E TOSTARE – intanto bisogna dire che mandorle e nocciole vanno tostate altrimenti hanno poco sapore, ma iniziamo con le mandorle. Se avete mandorle con la buccia il metodo molto semplice per toglierla è bollire dell’acqua in un pentolino, immergerle per soli 3 secondi, quindi scolarle e “sfregandole” fra indice e pollice la pellicina viene via facilmente, come per i lupini. Si scalda il forno a 180°, si mettono su una teglia e si infornano per 8-10 mn. ma anche 12, se avete cura di controllare il colore che dovrà essere appena appena biondino.
Per le nocciole il procedimento è inverso: si mettono su una teglia senza la parte legnosa, si infornano per 10-12 mn. quindi si fanno raffreddare su di un canovaccio e prendendo i quattro lati della stoffa si arrotola su sé stessa e si friziona con vigore; in questo modo la pellicina ormai secca si attacca al tovagliolo.
Una regola valida per tutta la frutta secca che si vuole ridurre in polvere è metterla preventivamente in congelatore per qualche ora e tritarla sempre con qualcosa che tenga asciutto, come zucchero o farina, altrimenti col movimento delle lame la frutta si scalda e tira fuori l’olio e non è più utilizzabile per questo scopo. Altro discorso se si vuole fare la “pralina”, allora si usa la frutta immersa nel caramello caldo e si aziona il robot fino a ridurre il tutto in una pasta.
Queste due foto chiariranno i passaggi salienti.